Nell’antico Egitto la produzione di birra era importantissima tanto che, nei consumi popolari, veniva subito dopo l’acqua del Nilo.
La birra è presente lungo tutto l’arco della vita degli antichi egiziani: dalla nascita alla morte. I lattanti, venivano svezzati con una miscela a base di zythum, acqua, miele e farina di orzo; più grandicelli, venivano iniziati ad un moderato consumo della bionda bevanda regalando loro, con una apposita cerimonia di iniziazione, una piccola anfora che doveva costituire la dose massima quotidiana di birra permessa, anfora che li seguiva fin dopo morti e che veniva posta nel sarcofago, ovviamente per quei defunti (Faraoni, dignitari e sacerdoti) che avevano diritto di aspirare all’immortalità. Inoltre, veniva somministrata alle gestanti in modo da favorire il successivo allattamento e veniva bevuta con una sorta di cannuccia per ridurre i sedimenti ed era anche utilizzata come merce di scambio.
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Il processo di mummificazione, che durava mesi, veniva preceduto da un lavacro a base di birra, evidente simbolo di purificazione per il carattere sacrale e per l’origine divina della bevanda.
La birra era intesa come “latte della terra” e linfa sacra ricca di schiuma, dono della Dea dei cereali. La leggenda vuole che sia stata proprio una donna a produrre la birra, dimenticandosi dei cereali in un contenitore all’aperto dove cadde acqua piovana e dove avvenne una spontanea macerazione e quindi la fermentazione ad opera dei lieviti e del calore solare. Quindi, la sua presenza nelle cerimonie di Eleusi sottolinea il suo rapporto con il mondo degli inferi, che predomina nella figura di Persefone e in quello di Demetra.
Un simbolismo di rinascita si può trovare proprio in Persefone che indica la vita nella maturazione dei frutti e nella tradizione induista, dove si adopera l’orzo in molte cerimonie per la nascita di un bambino.
Gli antichi Egizi la utilizzavano anche con finalità medicinali; in epoca più tarda l’Imperatore Augusto venne curato da un’insufficienza epatica e la Santa Ildegarda Von Bingen la raccomandava contro la paralisi, la lebbra, la pazzia e il delirio.
Nel Medioevo si esaltarono molto le proprietà medicamentose della birra: si diceva che potesse curare vari morbi, scongiurare il malocchio, fatture, spezzare maledizioni, sconfiggere spiriti maligni e demoni.
Per i sumeri, la birra faceva parte dell’alimentazione quotidiana dei bambini ed era considerata tanto importante da avere una divinità dedicata, ovvero Ninkasi. La leggenda vuole che sia nata da “una fresca acqua frizzante”. In una tavoletta sumera di 6000 anni fa, conosciuta come l’inno a Ninkasi è stata rinvenuta la prima ricetta della birra.
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L’importanza della birra nella cultura babilonese è testimoniata anche dal famosissimo “Codice di Hammurabi”, uno dei più importanti reperti archeologici dell’epoca che riuniva tutte le norme vigenti nell’impero. Un paragrafo è, infatti, dedicato proprio a regolamentare la produzione e la vendita della birra e prevede addirittura la condanna a morte per i trasgressori che aggiungevano acqua alla birra.
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Nella cultura norrena aveva un ruolo molto importante. Era la bevanda che infondeva forza ai guerrieri e usata duranti i banchetti per onorare i caduti in battaglia, omaggiare gli dei per la vittoria e per aver maggiore forza nel prossimo scontro.
In Lituania, in uso fino al XVI secolo, si prevedeva che la ragazza più alta del villaggio, su un solo piede sopra una panca, bevesse e offrisse birra al Dio Waizganthos. Analogamente, così come donne virtuose avevano il potere di produrre la birra, le streghe potevano impedirne la fermentazione. I Germani invece, racconta Tacito, prima di deliberare nelle loro assemblee bevevano abbondante birra, per farsi meglio ispirare da Dei e spiriti dei defunti.
I monaci irlandesi del Medioevo scrivevano di crateri sempre pieni di birra, che è fonte di giovinezza. Anche per i Celti del Galles questi vasi magici permettevano agli dei e ai morti di comunicare con i viventi e di trasmettere loro saggezza e poteri soprannaturali.
Anche nell’antica Scandinavia la libagione che accompagnava il sacrificio di un animale aveva la funzione di mettere in contatto con gli dei e creare una comunione fra i partecipanti: l’ubriachezza era lo strumento con il quale l’uomo poteva elevarsi alla vita divina assieme con i suoi simili.
E’ anche simbolo di ricchezza e abbondanza presso il popolo danese, che nel giorno di Natale intonava dei canti per propiziare un buon raccolto.
Il luppolo, coltivato in Germania fin dalla metà del IX secolo si utilizzava anche per regolarizzare il flusso mestruale e nel Medioevo era utilizzato come calmante per gli uomini che soffrivano di eccessiva attività sessuale. I germogli si usavano nei rituali di legamento d’amore e per confezionare cibi afrodisiaci. Intrecciati assieme, i germogli del luppolo sono un efficace aiuto per rinforzare le unioni traballanti.