Un proverbio tedesco dice che l’acqua può diventare una buona bevanda se mescolata con malto e luppolo… ma quale acqua?
Un ingrediente fondamentale
Luppolo, orzo e lievito sono decisivi nel determinare le caratteristiche organolettiche della birra, eppure c’è un altro ingrediente da considerare: l’acqua.
Costituisce circa il 95% della birra ed è in grado di influire sul mosto e sull’aroma delle materie prime. Alcuni famosi stili birrai, d’altra parte, sono nati proprio come conseguenza del tipo di acqua usata in origine.
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Questione di minerali
I responsabili delle caratteristiche principali dell’acqua sono i sali minerali disciolti e i parametri di riferimento sono la durezza e il pH.
Il pH indica il livello di acidità o basicità, 7 rappresenta la neutralità, valori inferiori a 7 indicano che l’acqua è acida, valori maggiori di 7 indicano che l’acqua è basica. Nella produzione della birra un pH di 5,5 determina un buon ammostamento.
La durezza è un valore che esprime il contenuto totale di calcio e magnesio nell’acqua e si esprime in gradi francesi °F: valori minori a 10 °F indicano che l’acqua è dolce, valori maggiori di 30 °F indicano che l’acqua è molto dura.
Lo stile pale ale, per esempio, trae origine dall’acqua dura di Burton-on-Trent, mentre l’acqua dolce di Plzeň ha dato vita allo stile pilsner.
In generale le acque dolci esaltano il profumo del luppolo e gli aromi delicati dei malti chiari, invece le acque dure, grazie a solfati e carbonati, ammorbidiscono i malti scuri e limano l’astringenza del luppolo.
Per ottenere acqua con un livello di durezza desiderato, si può mescolare l’acqua di rete con acqua addolcita: occorre perciò conoscere la durezza di partenza.
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Le analisi dell’acqua e responsabilità del birrificio
Ogni mastro birraio sa che oggi pH e durezza possono essere modificate, in base alle esigenze di produzione, così come sa che l’acqua usata come ingrediente deve essere inodore, insapore e priva di sostanze nocive.
Durezza e pH non sono gli unici parametri da monitorare nell’acqua: dal punto di vista microbiologico, per esempio, è fondamentale accertarsi del requisito di potabilità, tramite l’analisi per la ricerca di batteri indesiderati come per esempio coliformi ed enterocchi. Anche l’analisi della conta batterica totale permette di stabilire il livello di purezza microbiologica e quindi di qualità dell’acqua.
I mastri birrai, naturalmente, sanno anche questo, tuttavia alcuni tendono ancora ad affidarsi esclusivamente ai dati analitici forniti dall’acquedotto di riferimento. Questo, in realtà, non è sufficiente perché è sotto responsabilità di ogni birrificio la salubrità dell’acqua utilizzata che scorre nelle tubazioni di proprietà dell’azienda, ovvero dal contatore in poi. Le tubature interne, infatti, potrebbero ospitare contaminazioni pericolose, ecco perché è bene fare analisi dell’acqua periodiche. Del resto questo è argomento del manuale HACCP (capitolo VII del reg.852/04).
Quindi ci sono almeno tre buoni motivi per eseguire le analisi sull’acqua: evitare contaminazioni pericolose, ottenere un prodotto di qualità ed essere in regola con gli adempimenti normativi di autocontrollo HACCP.
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L’acqua di lavaggio
Se l’acqua-ingrediente è fondamentale, non meno importante è quella utilizzata per pulire l’impianto di produzione. Lavereste le stoviglie di casa con l’acqua sporca?
Il punto è che spesso le acque di lavaggio non risultano affatto sporche a occhio nudo, ma potrebbero risultarlo al microscopio, rendendo il prodotto finale non conforme e invendibile. Infatti una linea di imbottigliamento può essere il luogo ideale per la proliferazione di organismi indesiderati.
Attraverso analisi specifiche come la conta batterica a 30° C e altre per la rilevazione di microrganismi inquinanti, ci si può rendere conto, con dati alla mano, delle condizioni della propria acqua di lavaggio e dormire sonni tranquilli.