IGA: Dal matrimonio tra malto e uva nasce il primo stile birrario italiano

Il Beer Judge Certification Program, l’ente americano per la classificazione degli stili di birra, nel suo ultimo bollettino sulle linee guida ha introdotto per la prima volta uno stile birrario tutto italiano. Questo passo è un grande riconoscimento al movimento della birra artigianale italiana che in questi ultimi vent’anni ha fatto passi da gigante sia per quanto riguarda gli ettolitri prodotti che soprattutto per la qualità delle birre.

Il nuovo stile introdotto viene denominato come Italian Grape Ale, ovvero birre prodotte con il mosto d’uva.

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Queste birre sono inserite nella categoria Fruit Beer e vengono descritte rinfrescanti o più complesse a seconda del tipo di uva utilizzata. Al naso le caratteristiche aromatiche dell’uva utilizzata devono essere evidenti ma non devono sovrastare gli altri aromi. Il malto è contenuto e il luppolo può variare da medio basso a nullo. Il colore di queste birre varia a seconda del tipo di uva utilizzata ed è compreso tra oro e marrone scuro. Anche per quanto riguarda i sapori le uve utilizzate possono cambiare di molto le sensazioni: i vitigni a bacca bianca danno sapori di frutta tropicale mentre quelli a bacca rossa di frutti rossi come ciliegia e fragola. Le note vinose devono essere presenti e possono essere leggere o medie. Il malto deve supportare i sapori dati dall’uva e non oscurarli. Si possono trovare note acide ma non devono essere protagoniste come nei Lambic. In caso di invecchiamento in botte è possibile riscontrare note di legno. L’amaro da luppolo è nullo o basso. La carbonatazione è medio alta.

Si può utilizzare malti Pils, Pale o aggiungere alcuni malti speciali. E’ consentito l’utilizzo di uva o mosto d’uva fino al 40% del cereale. Le uve o il mosto possono essere utilizzate in ebollizione, nella fermentazione primaria o secondaria o in fase di invecchiamento. E’ possibile scegliere tra un’ampia varietà di luppoli, ma la quantità deve essere limitata.

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In Italia uno dei primi birrifici a proporre una Italian Grape Ale fu il sardo Barley, che grazie all’estro del birraio Nicola Perra, ha commercializzò la BB10 con mosto cotto di Cannonau e la BB9 con uve di Malvasia. Altro birrificio noto per l’utilizzo di mosto d’uva è Montegioco che per Tibir utilizza mosto di Timorasso. Menzione d’onore merita LoverBeer: grazie al genio del mastro birraio Valter Loverier il birrificio produce BeerBera, una fermentazione spontanea maturata in botte con l’aggiunta di uve di Barbera d’Asti. Come non ricordare, inoltre, la Nimbus del Giratempo Pub, creata da Lelio Bottero con l’impiego di mosto di Uva Moscato e dei suoi lieviti autoctoni aggiunti durante la fermentazione.

Nel panorama internazionale ricordiamo che le sperimentazioni tra vino e birra iniziarono già nel lontano 1973, quando nel birrificio belga Cantillon iniziarono le prime sperimentazioni che diedero vita soltanto nel 1987 a Vigneronne, dove al lambic viene aggiunta uva di Moscato.

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