Weldebräu

Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Plankstadt/Germania
Birrificio del Baden-Württemberg. Nacque però nel 1752 a Schwetzingen, dove, ottenuta la licenza di produrre birra dall’elettore di Baviera Carl Theodor, il mastro birraio Heinrich Joos costruì una casa residenziale con birrificio annesso sulla Mannheimer Straße.
Al 1846 risultano proprietari del birrificio e del ristorante Grünes Laub, rinomati in tutta la regione, il mastro birraio Heinrich Seitz e la moglie Anna.
L’attività passò quindi al loro figlio Georg che morì prematuramente nel 1885. E la vedova, Barbara, tre anni dopo, sposò il mastro birraio Johann Welde da cui prese nome il birrificio.
Morto in Francia durante la grande guerra il loro figlio Bernhard, alla morte del padre, nel 1917, l’azienda passò nelle mani della vedova e della figlia Elisabeth.
Nel 1919 Elisabeth sposò il giovane mastro birraio Hans Hirsch che ampliò notevolmente il birrificio tra il 1934 e il 1935.
Durante la seconda guerra mondiale, il loro unico figlio maschio morì in Africa. Sicché, alla morte di Hans Hirsch, nel 1959, gli succedette la figlia Bärbel, che, nel 1950, aveva sposato Wilhelm Spielmann.
Nel 1981, poiché non era possibile un ampliamento del birrificio a Schwetzingen, il loro figlio Hans ne costruì uno nuovo a Plankstadt.
Nel 2002 Weldebräu rilevò la maggioranza del birrificio insolvente Palmbräu di Eppingen. Il marchio rimase indipendente, mentre le vendite, nel 2008, furono esternalizzate a una nuova società di proprietà di Weldebräu, la Palmbräu Eppingen GmbH, che però, l’anno dopo, fu rilevata dalla Brauhaus Pforzheim.
Sotto la guida di Stephan Dück, la produzione annua è arrivata a circa 100 mila ettolitri. Ma, come tanti altri birrifici tedeschi, anche Weldebräu ha cominciato ad affiancare alle birre tradizionali una linea “craft”.
Welde Bourbon Barrel Bock, helles bock/maibock di colore oro antico e dall’aspetto torbido (g.a. 6,6%). Si tratta di un blend di birra invecchiata per tre mesi in botti ex bourbon, rum e tequila. La carbonazione è contenuta; la schiuma di un bianco sporco, ricca, fine, spessa, cremosa, durevole e aderente. Al naso si mette subito in evidenza la differenza del passaggio in botti diverse, ma tre mesi si rivelano pochi per una caratterizzazione rilevante. E l’aroma si esprime piuttosto tenue, comunque di vaniglia per le botti di bourbon, di cocco per le botti di rum e di zucchero di canna, insieme a spezie pepate, per le botti di tequila. Il corpo medio ha una consistenza leggermente cremosa. Pane, biscotto e miele sono ovviamente presenti nel gusto; ma, dell’invecchiamento, si nota soltanto la tequila, e più verso la fine del percorso. Un sapore che si snoda mediamente dolce, discretamente amaro e con un accenno aspro di acidità legnosa. Lieviti piccanti e una “bella” nota di quercia esaltano la secchezza del finale. Luppolo erbaceo, cocco e vaniglia connotano invece la lunga persistenza del retrolfatto.
Welde Kurpfalzbräu Helles, helles di colore giallo paglierino chiaro e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 5,2%); tradizionale birra del Palatinato, più dolce e meno granulosa rispetto alla maggior parte delle helles. La carbonazione è piuttosto sostenuta; la schiuma bianca, ariosa, fine, cremosa, di buona stabilità e allacciatura un po’ appiccicosa. L’aroma si apre nella massima semplicità, fresco, pulito, con malti dolci, lievito, paglia, miele, caramello, bacche, pane, su labile sfondo legnoso, di erbe speziate, luppolo floreale. Il corpo, da leggero a medio, ha una consistenza sufficientemente acquosa. Malto, caramello, cereali, miele, allestiscono una solida base amabile che, integrandosi con un buon luppolo erbaceo, assicura al gusto equilibrio, scorrevolezza, un enorme piacere dissetante. Nel finale compare qualche accenno di frutto di bosco, dolce ma non stucchevole, anzi. Sensazioni acidule di mela verde segnano la corta persistenza del retrolfatto.
Welde IPA, india pale ale di colore dorato intenso con sfumature arancio e dall’aspetto intorbidito (g.a. 6,7%). La carbonazione è abbastanza contenuta; la schiuma, di un bianco sporco, enorme, fine, soffice, cremosa, di buona tenuta e allacciatura. Anche l’olfatto mostra un certo languore nel rilascio di profumi che pervengono comunque imperterriti alla gradevolezza: dal biscotto al malto caramellato, dal tè alla vaniglia, dal legno alla terra, dagli agrumi al luppolo erbaceo, dalla resina di pino alla mandorla amara. Il corpo medio ha una certa tendenza al pieno, in una consistenza tipicamente oleosa. Con una solida spina dorsale di malto e caramello, biscotto e crosta di pane bianco, le note tropicali e agrumate, nonché floreali, erbacee e resinose, non tardano a mettersi in linea per comporre quell’equilibrio gustativo che ci si attende da una IPA di razza. La secchezza del finale luppolizzato lascia nel retrolfatto lunghe sensazioni amare di resina e pino.