Klosterbrauerei Weißenohe

Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Weißenohe/Germania
Birrificio dell’Alta Franconia, nell’ex abbazia benedettina di San Bonifacio zu Weißenohe, una cinquantina di chilometri a sud di Bamberga. Weißenohe vuol dire “luogo del bianco ruscello”, nome dato al vicino fiume Kalkack le cui acque hanno originato le profonde falde acquifere sfruttate dal birrificio tramite i due pozzi di proprietà.
L’abbazia fu fondata nel 1052 e si può presumere che il birrificio sia stato costruito subito dopo.
Purtroppo, con la secolarizzazione del 1803, l’abbazia fu definitivamente dissolta e venduta a privati.
Nel 1827 il birraio Friedrich Kraus acquistò fattoria, taverna e birrificio. Birrificio, che, rimesso in funzione, è arrivato ai nostri giorni sotto la guida della quinta generazione di discendenti, Katharina e Urban Winkler. Mentre è dal 2010 che svolge il ruolo di birraio Martin Pelikan.
La produzione, di rigorosa tradizione monastica, è arrivata a 20 mila ettolitri annui. A loro volta, le birre seguono il tradizionale ammostamento per decozione.
Nella taverna e nella birreria all’aperto, Wirtshaus das Klosterbrauerei, vengono servite anche specialità della cucina francone.
Weißenoher Altfränkisch Klosterbier, landbier di un limpido colore ambrato con lievi sfumature ramate (g.a. 5,1%). Vera birra di tradizione locale, utilizza malto Vienna e luppolo Hersbrucker coltivato in zona. La carbonazione è abbastanza contenuta; la schiuma biancastra, enorme, sottile, compatta, cremosa, di ottima tenuta e allacciatura. Al naso, la dolcezza del biscotto e un vago ricordo di caramello non resistono più di tanto ai freschi profumi erbacei e floreali del nobile luppolo locale. Il corpo medio ha una consistenza tra acquosa e oleosa. Il sapore, morbido, piacevolmente tostato e con accenno di diacetile, è ricco di malto, pane, caramella mou, noci, cioccolato e, a contrastare, l’acredine degli agrumi, la rusticità delle erbe aromatiche, il secco amarore del luppolo floreale. Il finale, abbastanza lungo, asciutto e croccante, sa tanto di mandorla amara. Piuttosto polveroso invece, il retrolfatto esala declinanti sensazioni di malto caramellato.
Weißenoher Bonator, doppelbock di un intenso colore ambrato con venature rossastre (g.a. 8,2%). È dedicata a san Bonifacio. Monaco inglese, di nome Winfrid, fu ordinato vescovo da Gregorio II e inviato a evangelizzare le popolazioni della Germania oltre il Reno, ma fu ucciso dai pagani nel 754. La carbonazione è quasi piana; la schiuma avorio, rocciosa, fine, compatta, cremosa, straordinariamente durevole e aderente. L’aroma si apre di massima pulizia, alquanto dolce e avvolto in un discreto calore alcolico: malto tostato, pane nero, ciliegia, prugna sciroppata, toffee, caramello, vaniglia, melassa, fico troppo maturo; con sottofondo di erba secca, luppolo terroso e delicatissima speziatura. Il corpo medio ha una consistenza abbastanza cremosa. Con l’alcol ben amalgamato, biscotto, caramello, miele e pane nero, supportati dalla frutta sciroppata, allestiscono un dolce percorso gustativo che si snoda in assoluta scioltezza per tutta la lunga durata; mentre il compito equilibratore è affidato a una buona attenuazione e all’amarore terroso e di pane tostato. A ripulire invece qualsiasi strascico zuccherino, ci pensa il lungo finale, che prepara così l’ingresso di un croccante retrolfatto dalle suggestioni di nocciole tostate.
The Cannabis Club Sud, spiced ale di colore giallo dorato alquanto scuro e dall’aspetto confuso (g.a. 4,9%). È una birra, totalmente biologica, che utilizza fiori e oli essenziali di canapa nei limiti consentiti dalla legge. In Italia viene venduta con il nome di The Club Sud. La carbonazione è abbastanza contenuta; la schiuma bianca e un po’ ruvida, modesta, cremosa e non così duratura. Con un’appendice di foglia verde e citrica di limone, la canapa fa di tutto per erigersi a protagonista in una fresca e pulita atmosfera olfattiva creata da sentori erbacei e vegetali con a capo un secco luppolo floreale. Il corpo medio tende decisamente al leggero, in una spiccata consistenza acquosa. Il minor uso di luppolo a beneficio degli oli essenziali della canapa durante il processo di fermentazione determina un caratteristico sapore erbaceo e di vegetale verde. A sua volta, l’intensa scia amara lasciata nel finale introduce bruscamente una secchezza retrolfattiva piuttosto astringente.