Stonehenge

Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Netheravon/Inghilterra
Netheravon è un villaggio sul fiume Avon, all’interno della piana di Salisbury, nel Wiltshire. Qui, nel 1914, fu installato un generatore di energia elettrica per l’aerodromo di Netheravon potendo sfruttare la forza idrica del fiume.
Non riuscendo però la potenza del fiume a generare l’elettricità necessaria, si ricorse a generatori diesel per far funzionare le turbine. Un sistema che presto si rivelò tutt’altro che redditizio, e la centrale elettrica venne chiusa.
Per anni il “vecchio mulino” fu sfruttato per usi diversi finché, nel 1983, Tony e Robinetta Bunce lo acquistarono dal MOD per aprirvi l’anno dopo la Bunce’s Brewery.
Nel 1993 il birrificio cambiò il nome in Stonehenge, con l’acquisto da parte del mastro birraio danese Stig Anker Andersen, che continuò la produzione delle tradizionali ale inglesi.
L’impianto è organizzato in modo che gli ingredienti e il mosto di birra si muovano principalmente verso il basso, usando la gravità come nei primi birrifici a torre. Così come il processo di saccarificazione si svolge a infusione.
Stonehenge Rudolph, extra special bitter/ESB di colore ambrato scuro e dall’aspetto lievemente velato (g.a. 5%); un’offerta invernale. Con un’effervescenza piuttosto bassa, la schiuma biancastra si alza fine, compatta, cremosa, di buona durata e allacciatura. All’olfatto s’incontrano e si fondono a meraviglia malti tostati, caramello, pane nero, burro, frutti rossi e scuri, uvetta, zucchero di canna, legno, sentori floreali e speziati, ciliege acide, luppolo erbaceo: un pot-pourri fresco, pulito, gradevole, persistente. Il corpo medio tende al leggero, in una consistenza alquanto acquosa. Le stesse sensazioni avvertite al naso si ritrovano nel gusto, dove però le note secche, floreali e speziate della robusta luppolizzazione non fanno sconti, in nome di un equilibrio che non deve prestare il fianco alla minima sbavatura. Nel finale si fa vivo l’alcol con la sua discrezione, e senza contrastare l’emergente nota acida delle tostature. Il retrolfatto appare di un interessante agrodolce, con le sue lunghe impressioni di resina e di terra, di spezie e di frutta tropicale.
Stonehenge Old Smokey, porter di colore marrone scuro, vicino al nero, e dall’aspetto opaco (g.a. 5%); altra stagionale invernale, in precedenza regolare. La carbonazione è contenuta; la schiuma cachi, fine, compatta, cremosa, di ottima durata e aderenza. L’aroma spira alquanto complesso, con sentori di malti tostati, liquirizia, fumo, caramello, pane scuro bruciato, marmellata di ribes nero, caffè, uva passa e, dal sottofondo, uno spiffero di luppolo terroso. Il corpo, da medio a pieno, ha una consistenza abbastanza grassa. Il gusto, moderatamento amaro e intessuto di piacevoli venature di liquirizia, si snoda con straordinaria morbidezza sotto l’egida del fumo e del cioccolato bruciato. La secchezza del finale asciuga il palato e prelude a discrete sensazioni retrolfattive amarognole, di caffè, tostature, zucchero bruciato, luppolo resinoso.