Pivovar Jihlava

Tratto da La birra nel mondo, Volume II, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Jihlava/Repubblica Ceca
Fabbrica di birra, nella regione di Vysočina. Ma andiamo alle sue origini. Da una carta di Carlo IV di Lussemburgo, re di Boemia dal 1346 al 1378, risulta che a Jihlava si produceva birra già nel 1348.
A Jihlava, isola germanofona fino alla seconda guerra mondiale, erano rimaste ancora quattro piccole birrerie (delle 123 del Medioevo ridottesi drasticamente nel corso del secolo XIX) quando, nel 1859, i quattro birrai di lingua tedesca decisero di aprire una fabbrica a livello industriale.
La fondazione dell’azienda è riportata ufficialmente nel 1860; ma i lavori per la costruzione della fabbrica, iniziati nel 1859, terminarono solo nel 1861, anno peraltro dell’inaugurazione.
Il nome tedesco di Jihlava era Iglau, corrispondente al ceco Ježek (cioè “riccio”), e Ježek divenne il marchio della birra.
Con l’espulsione dei tedeschi, nel 1945, l’azienda passò sotto l’amministrazione nazionale per venir nazionalizzata tre anni dopo. Essa comunque riuscì a sopravvivere, addirittura a crescere, chiaramente nella misura consentita dal regime comunista, anche per la chiusura di molti birrifici della zona.
Salito però al potere il governo democratico, la fabbrica denunziò presto l’incapacità di sostenere il passaggio all’economia di mercato, con più della metà degli impianti inattivi e senza i fondi necessari per modernizzarsi. Nel 1999 era addirittura sull’orlo del fallimento, e la cessazione della produzione sembrava ormai prossima.
Nel 2001 rilevò la quota di maggioranza la società belga Bockhold, specializzata nella produzione di birre a basso costo, soprattutto per Belgio, Austria e Germania. Ma, nel 2008, la Jihlava era di nuovo vicina alla bancarotta. Fu quindi acquistata dal Pivovary Lobrowicz Group.
In breve tempo la Jihlava cambiò aspetto in tutto e per tutto. L’edificio era adesso più che decoroso per gli standard cechi: aveva un ingresso adeguato e perfino un ristorante. I vecchi e malandati impianti erano stati sostituiti secondo la più moderna tecnologia. Ai metodi di produzione tradizionali si era sovrapposta l’ormai avanzata mentalità ceca. E, di conseguenza, l’impresa poteva finalmente affacciarsi sul mercato con le carte in regola.
Ježek Šenkovní 10%, czech pilsner di colore dorato (g.a. 4,2%); in precedenza nota come Ježek Formanské Svĕtlé 10°. Si tratta di un prodotto leggero, con diffusione locale per il consumo quotidiano. La carbonazione appare un po’ aggressiva; la spuma si leva alta, soffice, di sufficiente ritenzione. L’aroma esala con un blando ma non insignificante luppolo a base di erbe, tra lontani ricordi di resina, legno, salsa di soia. Il corpo si propone più leggero che medio, in una consistenza acquosa. Il gusto defluisce ispirato dal malto, tra note asciutte di luppolo e dolciastre (per nulla stucchevoli) del caramello. Il finale apporta una ventata di amarore con eccellenti proprietà dissetanti. Il retrolfatto sa tanto di agrodolce, lieve acidità ed erbe aromatiche.
Ježek Svĕtly Ležák 11%, czech pilsner di colore dorato, leggermente più forte della Ježek Šenkovní 10% (g.a. 4,8%); in precedenza conosciuta come Ježek Střibrný (Silver) 11°. Con una media effervescenza, la schiuma bianca emerge sottile, cremosa, persistente. L’amaricante marca fiocamente l’olfatto, tra lontani richiami di caramello, malto, erbe, coriandolo. Il corpo, medio-leggero, presenta una trama fra oleosa e acquosa. Il gusto, scorrevole, armonioso, risente il malto, ma non abbandona le note amare di sottofondo che il luppolo eroga con moderazione sin nel corto finale pulito e asciutto. Un retrolfatto agrodolce si districa tra suggestioni di terra ed erbe aromatiche.
Jihlavský Grand 18°, imperial pils/strong lager di colore oro intenso (g.a. 8%). Con una media effervescenza, la schiuma bianca esce generosa, minuta, cremosa, di sufficiente ritenzione. Sotto gli eleganti profumi del malto aleggia un acuto, ostinato, sentore di luppolo fiorito. Il corpo appare pieno, rotondo, di consistenza grassa a trama liscia, ben sorretto dalla forza alcolica che riscalda il palato. Un forte sapore dolceamaro reca i segni di piacevoli spezie leggere. Il finale è lungo, intenso, alquanto acido. Nel retrolfatto viene liberamente a galla il luppolo con la propria secchezza amara.