Pipeworks Brewing Company

Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Chicago, Illinois/USA
Beejay Oslon e Gerrit Lewis, rispettivamente, homebrever e beergeek, si conobbero nel 2008 sul posto di lavoro, al West Lakeview Liquors (negozio di birre, vini e liquori di Chicago).
Decisi a mettere su un birrificio, per imparare il mestiere andarono a lavorare gratis per qualche mese in Belgio, presso De Struise Brouwers di Oostvleteren.
Tornati in America, passarono 18 mesi a elaborare il business plan, mentre le loro produzioni casalinghe riscuotevano consensi e alimentavano entusiasmo ai festival, dove venivano offerte alla spina fianco a fianco con quelle professionali. Purtroppo, mancavano i soldi per il trasferimento in locali commerciali e la messa in funzione dell’impianto che già possedevano.
Non avendo una casa di proprietà da ipotecare e con il mutuo per gli studi ancora sulle spalle, Beejay e Gerrit dovettere ricorrere, nel 2010, al crowdfunding su Kickstarter.
Finalmente, nel 2012, ingaggiato Scott Coffman come head brewer, poterono inaugurare il birrificio, nel quartiere di Bucktown, a Chicago.
Nel 2015, con un mutuo ventennale da circa un milione di dollari, realizzarono l’ambizioso piano di espansione, trasferendosi in un nuovo edificio e acquistando un impianto da 35 ettolitri.
Non meno ambizioso risulta il piano produttivo: “Non voler mai fare la stessa birra due volte”. Di qui, l’elenco da capogiro delle etichette. Accanto a un’infinità di lattine prodotte tutto l’anno, troviamo una serie altrettanto interminabile di produzioni stagionali, occasionali e varianti della stessa ricetta. Ne è un esempio la Abduction, una gamma di ben 15 versioni di Imperial Stout, che peraltro ha contribuito al successo del birrificio.
Pipeworks Coffee Break Abduction Imperial Stout, imperial stout di colore nero con tenui riflessi marrone scuro (g.a. 10,5%); lanciata nel 2013. Alla imperial stout base vengono aggiunti vaniglia e caffè della Dark Matter di Chicago. Con una carbonazione quasi assente, anche la schiuma moka accenna a una fugace comparsa. L’aroma si esprime con elevata intensità e finezza attraente, a base di caffè americano e vaniglia, in primo piano e in secondo, di malto torrefatto, legno di cedro, fumo, cioccolato fondente, caramello, terra, uva passa, anice. Il corpo medio tende al pieno, in una consistenza tra oleosa e grassa, anche un po’ untuosa. Il gusto si snoda con la dolcezza del caramello, della vaniglia, della melassa, del cioccolato al latte e dello zucchero di canna, fin verso la metà del lungo percorso; poi arrivano l’amarore delle tostature, del caffè, del malto carbonizzato, a comporre un decente equilibrio, e, in extremis, una punta di acidità, ad apportare freschezza. Nel finale si esalta la frutta sotto spirito, col suo calore quasi bruciante. Completano l’“opera” le suggestioni retrolfattive, con l’energia del cioccolato e la carica del caffè.
Pipeworks Lizard King, american pale ale di colore dorato pallido e dall’aspetto velato (g.a. 6%). Con una media effervescenza, la cresta di schiuma risulta sottile, compatta, cremosa e di ottima ritenzione. L’aroma è intenso, fresco, pulito, gradevole, con sentori che vanno dagli agrumi alla frutta tropicale, dalla resina di pino alle foglie verdi, dal grano al luppolo floreale, dalle erbe ai mirtilli. Il corpo, medio-leggero, ha una consistenza alquanto oleosa. Nel gusto, un buon malto biscotto, con l’appoggio costante di agrumi e frutta tropicale, tiene in piedi un equilibrio quasi perfetto, con lo scalpitante amarore resinoso che deve giocoforza rinunziare alle sue velleità prevaricatrici. La corsa termina con sufficiente secchezza, spianando la strada alle suggestioni amare del retrolfatto che indugiano piacevolmente.