Namibia Breweries Limited

Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Windhoek/Namibia
Nel 1920 due uomini d’affari tedeschi, Hermann Ohlthaver e Carl List, rilevarono, in quella che era allora l’Africa Tedesca del Sud-Ovest, quattro piccoli birrifici in difficoltà finanziarie (Kronen, Omaruru, Klein Windhoek, Felsenkeller) e li unirono sotto il nome di South West Breweries Limited (SWB).
Nel 1965 l’azienda divenne di proprietà esclusiva di Karl Verner, figlio di Carl List.
Nel 1968, con l’acquisto della Hansa Brauerei di Swakopmund, la SWB diventava l’unico birrificio nazionale nell’Africa sud-occidentale.
Nel 1984 comparve la Windhoek Light, seguita, l’anno dopo, dal lancio della Windhoek in lattina.
Nel 1986, col completamento, in periferia, di un nuovo birrificio d’avanguardia, la cui costruzione era iniziata nel 1981, la birra Windhoek cominciò a essere distribuita nel Sudafrica.
Nel 1990, con l’indipendenza della Namibia, la South West Breweries Limited cambiò il nome in Namibia Breweries Limited (NBL). Mentre il suo marchio conquistava altri mercati esteri.
Nel 1996 la BNL diventò una società di proprietà pubblica, quotata alla borsa della Namibia.
Nel 2003 la BNL entrò in una joint venture (Brandhouse) con la Heineken e la Guinness per la commercializzazione dei propri marchi nel mercato sudafricano dominato dalla SAB.
Con ancora azionista di maggioranza Ohlthaver & List Group (il più grande gruppo privato di aziende namibiane), la produzione verte su lager di qualità, nel pieno rispetto del Reinheitsgebot, un’eredità lasciata dal passato coloniale tedesco e che ha spianato la strada a un forte mercato di esportazione.
Windhoek Lager, lager di colore giallo chiaro (g.a. 4%). Leggera e rinfrescante, ideale per le calde giornate africane, costituisce la birra di base, e il cavallo di battaglia dell’azienda. La carbonazione è moderata; la schiuma bianca che si forma fuoriesce e si dissolve rapidamente senza lasciare il minimo segno di allacciatura. L’aroma si apre dolce e piacevole, a base di malto, frutta, pane, luppolo erbaceo, fieno, mais, lime, miele, succo di mela. Il corpo è sottile, e di consistenza molto acquosa. Il gusto di malto, venato di dolcezza, scivola su fondo asciutto e ruvido di luppolo. Il finale sembra voler richiamare il cereale; ma l’intento rimane a metà strada per il sopraggiungere di suggestioni retrolfattive di un amarognolo erbaceo.
Windhoek Special, lager di colore giallo dorato (g.a. 5%); versione speciale della Windhoek Lager, leggermente più forte, con corpo più sostenuto e un malto più deciso. Con una carbonazione media, la schiuma bianca, sottile e cremosa, si abbassa lentamente lasciando un bel pizzo al bicchiere. L’aroma si esprime con una certa moderazione, piuttosto granuloso, a base di malto caramellato, uva bianca, mais, pasta di pane, mela, luppolo, miele. Il corpo, da leggero a medio, ha una consistenza acquosa. Il gusto risente il cereale, forse un po’ troppo, per il sonnolento ruolo di fondo svolto volutamente dall’amaricante. Il finale è corto, secco, blandamente amaro. Una suggestione dolciastra di mais si leva dallo sfuggente retrolfatto.
Windhoek Light, light lager di colore dorato (g.a. 2,4%). Per il basso contenuto di alcol e il modesto apporto calorico, nonché per i salubri livelli di sali minerali e polifenoli, ne viene consigliato un consumo giornaliero moderato dai cardiologi sudafricani. È molto diffusa anche in altri paesi dell’Africa meridionale, come Repubblica Sudafricana, Botswana, Angola, Zambia; e viene esportata addirittura in Germania. L’effervescenza è moderata; la spuma bianca, fine, cremosa, abbastanza durevole ma non lascia pizzi. Il debole aroma si libera dolce e abbastanza granuloso, a base di grano, fieno, malto, erbe, pane di mais, legno, cuoio, terra. Il corpo è molto leggero, e di consistenza acquosa. Anche il gusto risulta alquanto dolce, comunque fresco, pulito, sufficientemente tenuto in equilibrio da luppolo floreale, scorza di agrumi, erbe aromatiche. Il finale si rivela corto, asciutto, amarognolo. Il retrolfatto, addirittura sfuggente, esala un’impressione acre, di frutta acerba e scorza di limone.