Molson Brewery

Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Montréal/Canada
John Molson aveva 18 anni quando, lasciata la contea inglese del Lincolnshire, arrivò a Montréal nel 1782. Cominciò a lavorare presso il birrificio Thomas Loyd. Nel 1786, coi soldi ereditati dai gentori, aprì la Molson Brewery.
La svolta decisiva cominciò nel 1945, quando l’azienda fu trasformata in un’impresa pubblica a responsabilità limitata. Nel 1955 fu inaugurato un nuovo stabilimento a Toronto. Due anni dopo furono rilevati il Montréal Forum (palazzetto dello sport di uso polivalente) e i Montréal Canadiens (squadra di hockey su ghiaccio). Nel 1958, con l’acquisto di sei birrifici nel Canada occidentale, la Molson diventava un’impresa di livello nazionale. Ma non era finita.
Nel 1989 la fusione con la Carling O’Keefe portava la Molson a diventare il più importante produttore di birra canadese, e il quinto più grande al mondo.
Nel 1993, per potersi affacciare con maggior determinazione sui mercati internazionali, la nuova compagnia cedette alla Miller una parte delle proprie azioni.
Alla fine, nel 2005, l’integrazione con il colosso del Colorado che generò il potente gruppo Molson Coors Brewing Company, di cui la Molson Brewery divenne filiale col nome di Molson Coors-Canada Inc. Da ricordare che già dal 1987 l’azienda canadese fabbricava su licenza la Coors per il consumo locale.
Con un flusso annuo di 21 milioni di ettolitri, la Molson Coors-Canada Inc. controlla il 53% del mercato nazionale. Possiede nove stabilimenti sparsi in diverse province (Québec, Ontario, Columbia Britannica, Alberta, Manitoba, Saskatchewan, Terranova). Ha inoltre, a Lethbridge, nell’Alberta, la consociata Sick’s Lethbridge Brewery dal 1958; nonché importanti partecipazioni all’estero.
Quanto ai tanti marchi che compaiono in catalogo, va considerato che, in Canada, la birra fabbricata in una provincia non può essere venduta in un’altra. Sicché i diversi stabilimenti del gruppo offrono prodotti locali con etichette differenti.
La gamma, oltre alle golden ale, è formata in gran parte da lager leggere. Nel 1993 poi, insieme alla Labatt, la Molson introdusse un nuovo genere di birra, la ice beer, di gradazione media intorno al 5,5% e con gusto pulito, grazie al processo di congelamento dopo la fermentazione. Nello stesso anno, in seguito alla crescente popolarità delle fabbriche di piccole dimensioni o legate a osterie, presentò una nuova gamma di puro malto, commercializzata con il marchio Signature. Nel 1996 infine elaborò una serie speciale per la catena di supermercati di Dave Nichol.
Molson Canadian, lager di colore paglierino spento (g.a. 5%). Il prodotto più famoso della casa, fu introdotto nel 1959. Con una carbonazione medioalta, la schiuma bianca si leva di ridotte dimensioni, di buona tenuta e allacciatura, anche un po’ appiccicosa. L’aroma, leggermente luppolizzato e agrumato, non ci prova neanche, a soffocare gli altrettanto tenui sentori di malto, leccio, cereali. Il corpo, da sottile a medio, presenta una trama molto acquosa. Il gusto presenta una certa dolcezza di malto che viene però tenuta in equilibrio da “attente” note di luppolo fiorito. Il finale apporta una secca ventata di lievito fruttato. Dallo sfuggente retrolfatto esalano remote suggestioni di malto caramellato.
Molson Export, golden ale di colore giallo dorato chiaro (g.a. 5%). È una birra tradizionale di larga diffusione, introdotta nel 1903, ma realizzata con un ceppo di lievito risalente alla fondazione della Molson. Fu denominata Export perché ritenuta così buona da poter essere esportata; anzi, risultava addirittura migliore delle birre importate che all’epoca andavano per la maggiore. La carbonazione, piuttosto pesante, è alquanto pungente. La spuma biancastra non si mostra così generosa, anche se spessa e di una decente allacciatura. L’aroma appare molto granuloso, con una generica dolcezza di malto, frutta e sciroppo di mais stemperata da un luppolo più terroso che erbaceo. Il corpo, da leggero a medio, ha una tessitura alquanto acquosa. Il gusto, di carattere rotondo, sembra voglia reiterare le sensazioni avvertite al naso, con minore intensità del cereale e maggiore partecipazione fruttata; e finisce per dover rifare i conti con un luppolo, sì delicato, però deciso a dir la sua. Il finale, fresco e sottile, asciutto e pulito, lascia il compito del commiato a un’aspra suggestione retrolfattiva composita, di cereale e amaricante.
Molson Carling Black Label, lager di colore oro molto chiaro (g.a. 5%). Nata nel 1870 come Black & White, nel 1927, sotto il nuovo presidente J. Innes Carling, fu ribattezzata Carling Black Label. Prodotto di punta del marchio Carling, è anche una delle lager di maggior successo sul mercato britannico. Con una media effervescenza, la schiuma bianca fuoriesce soffice, ma non generosa, tanto meno duratura. L’aroma di apre molto debole, granuloso, dolce, anche un po’ metallico, con sentori di ananas, malto, fieno, lievito, mais, luppolo erbaceo. Il corpo, da leggero a medio, ha una consistenza decisamente acquosa. Il gusto è abbastanza morbido, alquanto dolce, pulito, rinfrescante, piacevole; e defluisce tra note di malto con venature di luppolo, per chiudere la corsa di media durata con una punta di acidità in relativa secchezza. Il retrolfatto mostra una buona persistenza, con aspre suggestioni, floreali e agrumate.
Rickard’s Red, amber lager/vienna di colore rosso rubino e dall’aspetto leggermente velato (g.a. 5,2%); prodotta secondo la ricetta tradizionale della Capilano Brewing Company di Barrie, nell’Ontario, e di Vancouver, nella Columbia Britannica, fabbriche entrambe rilevate dalla Molson. Con una moderata effervescenza, si forma una spuma bianco sporco alquanto ricca, densa, di buona allacciatura. L’aroma propone tenui ma puliti sentori di malto, frutta, cereali, pane, caramello, leggere spezie a base di erbe. Il corpo medio ha una consistenza piuttosto acquosa. Il gusto si snoda piacevolmente amabile, una volta che le sue note caramellate hanno fagocitato l’aspro luppolo erbaceo e prima che s’insinui la moderata acidità espressa da frutta acerba e agrumi maturi. Il finale è ispirato a caffè tostato e caramello bruciato. Dalla discreta persistenza retrolfattiva esalano impressioni vegetali relativamente secche e amare.