J.W. Lees Brewery

Tratto da La birra nel mondo, Volume III, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Manchester/Inghilterra
Nel 1828 John Lees, andato in pensione dopo una vita passata a lavorare con il cotone, acquistò un terreno a Middleton e fondò la Greengate Brewery. Era l’epoca dello sviluppo industriale nelle regioni del Nord-Ovest, e le birre di Lees fecero presto a diffondersi tra gli operai.
Nel 1876, John William Lees, nipote del fondatore, rilevò la compagnia, costruì un nuovo moderno stabilimento a torri (quello giunto ai nostri giorni) e creò la J.W. Lees & Co. Brewers.
Negli anni ’90 del secolo successivo, William, Simon, Christina e Michael Lees-Jones si unirono a Richard e Christopher della J.W. Lees & Co. Brewers e la società prese il nome attuale.
Oggi la Lees, nelle mani della sesta discendenza del fondatore, è una delle poche imprese a conduzione familiare superstiti in Gran Bretagna. Anche la produzione delle solide ale, impresse dal malto e secche, ha conservato il rigoroso carattere artigianale, combinando i metodi tradizionali con le moderne tecnologie. Addirittura l’azienda si fa carico della costruzione e della manutenzione dei barili di quercia tuttora usati per la distribuzione.
J.W. Lees Harvest Ale, barley wine di colore ambra con riflessi rossi (g.a. 11,5%); il “gioiello” della casa. Viene prodotto soltanto una volta all’anno, con malto e luppolo del nuovo raccolto e fermentazione in vasche aperte di rame costruite nel 1876. La vendita invece, con l’indicazione dell’annata, comincia il primo dicembre. È disponibile, filtrato e pastorizzato, in bottiglie di vetro scuro da 275 ml; ma è apparso qualche volta anche in botte. La produzione iniziò nel 1985. Pare che l’idea sia nata, durante una riunione della Brewers Association a Blackpool, da una lunga chiacchierata del dopocena tra Richard Lees-Jones, all’epoca presidente dell’azienda, e il birraio Giles Dennis. Con una carbonazione molto bassa, la schiuma biancastra emerge scarsa, piuttosto scomposta, appiccicosa e di rapida dissoluzione. Toffee, sherry, uva passa, fumo, prugna, liquirizia, miele, ciliegia, legno, ossidazione, zucchero di canna, caramello, melassa, vaniglia, noci, carruba, lievito, erbe, allestiscono un’intensità olfattiva molto elevata e di elegante finezza. Il corpo, da medio a pieno, fortemente caloroso, presenta una consistenza molto grassa. Il gusto inizia con una solida base di malto; si distende, ricco, denso, brioso, con note di whisky, legno, zucchero di canna, caramella mou, melassa; concede ampio spazio, nella seconda parte della lunga corsa, a pane nero, malto tostato, frutta, cioccolato, marzapane; introduce, in prossimità del traguardo, uno stuzzicante amarore da zucchero bruciato, fieno, luppolo speziato, foglie bagnate… Il tempo che subentri un lungo, secco, finale di vaniglia, caramello, toffee, zucchero d’orzo. Il retrolfatto è una persistente apoteosi di sensazioni, tra malto, frutta, caramello, uvetta, melassa, noci, lievito, avvolte in un caldo, cordiale, alone di bourbon. È un prodotto che si presta a lungo invecchiamento.
J.W. Lees Manchester Pale Ale, golden ale di colore oro pallido e dall’aspetto nebuloso (g.a. 3,7%). Con una media effervescenza, la schiuma biancastra fuoriesce non molto alta, ma spessa e cremosa. L’aroma è fresco, ostinato, di malto che relega in sottofondo i labili sentori di agrumi, frutti di bosco, erbe, luppolo floreale. Il corpo, abbastanza leggero, ha una consistenza oleosa. Il gusto, molto equilibrato, defluisce piacevolmente, tra note di malto con una netta impronta di asciuttezza. Sul finale si leva un luppolo erbaceo dalle sensazioni amare, che segnano con una certa astringenza anche il breve retrolfatto.
J.W. Lees Bitter, ordinary bitter ale di colore ambra dorato e dall’aspetto a malapena velato (g.a. 4%). Con una carbonazione decisamente bassa, la spuma, di un bianco sporco, emerge sottile, cremosa, di eccellente allacciatura. Nell’aroma, il caramello, con la propria dolcezza, prevale nettamente sul luppolo, che peraltro sembra già imbrigliato da sentori acri di frutta acerba. Il corpo, alquanto scarno, presenta una consistenza molto acquosa. Nel gusto, è invece il luppolo che spadroneggia, confinando il malto in sottofondo. Il finale, perfettamente pulito, apporta una ventata secca di fieno. Impressioni di bacche, con una punta di acidità, segnano blandamente il peraltro corto retrolfatto.