Brouwerij Strubbe

Tratto da La birra nel mondo, Volume IV, di Antonio Mennella-Meligrana Editore

Ichtegem/Belgio
Birrificio agricolo delle Fiandre Occidentali. Fu fondato, col nome di De Maagd van Gent, nel 1830 da Carolus Strubbe che, come molti birrai dell’epoca, coltivava d’estate le materie prime per fare la birra nel periodo invernale.
Il cambio del nome (Brouwerij Strubbe) si ebbe con Medard, della terza generazione. Aimé invece, della quarta generazione, promosse il passaggio alla fermentazione bassa (prima bock e poi lager). Fino alla prima guerra mondiale infatti la Strubbe produceva soltanto due birre di fermentazione alta e con la gradazionme alcolica del 2 e del 4%.
I figli di Aimé, Gilbert e Etienne, nel 1978 comprarono gli impianti in rame del dismesso birrificio Aigle-Belgica (De Meulemeester-Verstraete) e, nel 1986, sostituirono le vasche di fermentazione aperte con fermentatori troncoconici.
Seguiranno altri investimenti, fino al 2005.
Ripresa anche la produzione ad alta fermentazione, nel 1982 la ricetta della Hengstenbier (una delle storiche birre di Strubbe abbandonate dopo la prima guerra mondiale) divenne la base per la Ichtegems Oud Bruin. Nel 1988 la Strube fu la prima azienda a immettere in commercio la birra analcolica.
Dal 2008 nelle mani di Stefan, della settima generazione, la Strubbe produce anche a contratto, per clienti locali e stranieri.
Ichtegems Oud Bruin, oud bruin di colore bruno rossastro e dall’aspetto opaco (g.a. 6,5%, in precedenza 5,5%). È la tradizionale “vecchia bruna”, aromatizzata con luppolo di Poperinge invecchiato. Dopo la fermentazione primaria in vasca aperta a 18 °C, l’80% della birra viene trasferito a maturare per 2 mesi a 0°. Il restante 20% matura invece fino a 18 mesi in vasche di metallo e, al momento dell’imbottigliamento, viene addolcito con una percentuale di birra fresca, per stemperare l’acidità e provocare un’ulteriore fermentazione. Con una vivace effervescenza, la schiuma ocra, finissima, compatta e cremosa, ostenta ottima tenuta. Nell’aroma, legno, frutti rossi aspri e dolci, sfumature di vaniglia e caramello, si ritrovano a fronteggiare sentori lattici e funky; mentre la componente acetica rimane discretamente alla finestra. Una scorrevolissima consistenza acquosa è il pendant di un corpo decisamente leggero. Nel gusto, l’asprezza del ribes, della marasca, della mela e dell’uva acerba, nonché le note lattiche e acetiche, vengono sottilmente addomesticate dalla dolcezza del caramello, della ciliegia, dei frutti di bosco maturi. La secchezza del finale ha il compito di garantire un ottimo effetto rinfrescante. Nella lunga persistenza del retrolfatto emergono suggestioni legnose, tanniche e acetiche, di una delicatezza estrema.
Ichtegems Grand Cru, flanders red ale di colore ramato con riflessi rubino e dall’aspetto a malapena confuso (g.a. 6,5%). Si differenzia dalla Ichtegems Oud Bruin soltanto per la non aggiunta di birra fresca. La carbonazione oscilla tra la leggera e la media; la schiuma biancastra emerge fine, compatta, cremosa, ma non così duratura. L’aroma si propone in un’attraente miscellanea organica di sentori terrosi e di legno umido, dolci di vaniglia, ciliegia e aceto balsamico, aspri di mela acerba, ribes rosso e frutta acida; e non senza qualche indizio di fumo e polveroso di cantina. Il corpo, abbastanza sottile, ha una scorrevolissima consistenza acquosa. L’ottimo equilibrio tra fruttato complesso e acidità rinfrescante, supportato da una buona attenuazione, assicura facilità e piacevolezza alla bevuta. Nel finale cerca d’imporsi l’acetico, ma cede facilmente il campo alle amare impressioni retrolfattive, tanniche e terrose.
Dikke Mathile, belgian ale di colore ambrato e dall’aspetto nebuloso (g.a. 6%); non pastorizzata. Viene tuttora prodotta artigianalmente, secondo un’antica ricetta, con malti Monaco e ambré e luppoli Hallertau Mittelfruh (50%) e di Popergine (50%). Il nome invece (“Grossa Matilde”) è quello della statua di George Grard che si trova nella città portuale di Ostenda: una famosa prostituta con lo sguardo rivolto verso il mare in attesa dell’arrivo dei clienti. Con una vivace effervescenza, la schiuma, di un bellissimo avorio, erompe fine, densa, cremosa, durevole e aderente. L’aroma fruttato mette subito in evidenza i suoi deliziosi odori di banana e albococca, seguiti, in tono più attenuato ma ugualmente piacevoli, da malti dolci, toffee, caramello, zucchero candito, pane tostato; mentre da lontano arrivano aliti di resina, erbe aromatiche, luppolo floreale. Il corpo medio tende al leggero, in una consistenza relativamente acquosa. Un certo dolciastro caratterizza buona parte del discreto percorso gustativo, finché non subentrino, con estrema delicatezza, spigolose note ruvide peraltro non sgradevoli. La chiusura, perfettamente secca e pulita, prelude a un’elegante scia amara retrolfattiva che richiama distintamente la scorza di agrumi con qualche sfumatura erbacea.
Vlaskop, witbier di colore biondo e dal tipico aspetto opalescenre (g.a. 5,5%); con il 40% di orzo non sottoposto a maltaggio. La fermentazione secondaria, in una stanza alla temperatura costate di 22 °C, dura 10 giorni; quindi è la volta della speziatura, con semi di coriandolo e scorza d’arancia di Curaçao. Al naso, il tenue luppolo, in una consistenza quasi burrosa, chiede il sostegno a lievito, mela verde, fiocchi di frumento, scorza di arancia amara e di limone, coriandolo; mentre in lontananza esalano sentori floreali, fruttati, anche lattici. Il corpo, da leggero a medio, presenta una trama abbastanza acquosa. Il gusto si snoda fresco, brioso, piacevole, con un fruttato di media dolcezza, un lieve amaro e una moderata acidità. Una delicata speziatura investe la secchezza ripulente del finale, invogliando subito il sorso successivo. Il retrolfatto appare quasi neutro, con le sue impressioni che solo dopo un po’ rivelano un non certo sgradevole amarognolo.